di S. E. Mons. Francesco Massara, Arcivescovo di Camerino – San Severino Marche e Vescovo di Fabriano – Matelica
Carissimi Sorelle e Fratelli,
mentre mi trovavo a pensare alle parole con le quali poter augurare a ciascuno di voi un sereno Natale,mi è passata tra le mani una locandina che promuoveva un concorso sul presepe più bello. Devo confessare di essere rimasto stupito davanti a questa lodevole iniziativa, visto che la societàcontemporanea è sempre più scristianizzata e lo stile natalizio ha sempre meno il sapore e il senso della celebrazione di un mistero, riducendosi, invece, ad inseguire solo un dilagante consumismo. La réclame, pur restando in sé uno slogan, mi ha comunque offerto l’opportunità per una riflessione sul vero significato del Natale. Se, infatti, dovessimo trovare un aggettivo per descrivere questa festa che è considerata centrale dal sentimento collettivo, certamente non potremmo definirla “bella” in senso stretto, ma sarebbe giusto utilizzare aggettivi come fredda, inospitale, scomoda…
Non è forse questa l’accoglienza che, da oltre 2000 anni, riserviamo al Verbo di Dio che si fa carne? Eppure Natale dopo Natale, nonostante tutto, nelle nostre case, nelle nostre chiese e in molte piazze,continuiamo a celebrare il Natale allestendo presepi, piccoli o grandi, con scenari diversi frutto della nostra impareggiabile fantasia artistica. Questi presepi, preparati con tanta cura che a volte sfiora la perfezione, e che vengono poi tranquillamente smontati ed impacchettati al termine delle feste, si limitano a presentare l’inoffensiva nostalgia di rappresentazioni edulcorate rispetto ai fatti che avvennero storicamente. Allora, questi non sono i veri presepi!
I presepi “reali” sono quelli che dovremmo adoperarci a costruire nella vita di tutti i giorni e nell’arco di tutto l’Anno liturgico accogliendo, per esempio, i nostri simili non come estranei, ma come familiari, e mettendo realmente “in scena” il mistero dell’incarnazione di Dio nella storia. I presepi più significativi sono quelli che mettono al centro Chi nasce e non i nostri timori o incertezze per ciò che finisce.
I presepi più necessari sono quelli che fanno di noi levatrici dell’anima gli uni per gli altri, incoraggiando il fiorire della speranza anche quando essa appare difficile, animando la fiducia anche quando le ragioni per tentennare, dubitare o non credere sono numerose e pressanti. I presepi più corrispondenti al vero presepe sono quelli che annunciano la Buona Notizia a quanti non sperano più nulla, sono quelli che convocano alla festa coloro che si sentono sospinti ai margini della socialità, nei deserti esistenziali. I presepi più veri sono quelli in cui la società civile ed ecclesiale collaborano per costruire ed edificare una società in cui la Pace nasce grazie al suono di parole generatrici di dialogo e non sotto quelle assordanti delle armi. Sono quelli in cui lo Stato si impegna a garantire il bene comune creando occupazione e non incentivando disoccupazione, incertezza e povertà. Sono quelli in cui la Chiesa fa della carità non un vessillo da ostentare, ma una realtà bella da praticare e sostenere anche nel nascondimento della quotidianità.
Non è una missione impossibile! In fondo, serve poco per costruire un vero presepe. A volte, basta solo impegnarsi a fare il proprio dovere, è sufficiente una parola pronunciata con delicatezza, un gesto fraterno, la briciola dorata di un sorriso, una piccola preghiera, un tenero abbraccio.
Il presepe è tutto questo, il contrario di una festa fatta solo di commercio facile, scampanellante, confuso, prefabbricato, da vetrina.
Per essere vero, il Natale non può servire unicamente a stimolare emozioni sociali, a promuovere una giostra di vendite, di acquisti e di scambi. Per essere vero, il Natale deve accendere qualcosa di piùprofondo, dev’essere personale, essenziale, solidale, spirituale e carico di parole augurali che non abbiano il sapore della circostanza, ma comprendano i dolori più profondi dell’animo che, spesso, le caricature del Natale fanno esplodere dentro di noi, con risvolti di disperazione e solitudine.
Cari fratelli e sorelle, il mio augurio è questo: per questo Natale, ci impegniamo a costruire un presepe in cui si possa ammirare la vicinanza e l’impegno concorde delle Istituzioni e dei cittadini, in cui sia concreto il sostegno a coloro che stanno perdendo o hanno perduto il lavoro, a coloro che stanno affondando in una situazione di debolezza e di precarietà come avviene per tanti nostri giovani…e non solo! Nel nostro presepe si possa scorgere una politica capace di uscire da rissosità interne che rivelano solo interessi di parte, e torni ad occuparsi della gente, delle sue reali e quotidianepreoccupazioni, del “bene comune” concreto e attuale. Si possa attuare un sistema sanitario che restituisca dignità ai malati, che riduca le infinite liste di attesa, che appiattisca le difficoltà ad accedere ai servizi essenziali.
Mi auguro poi che, come Chiesa locale, possiamo essere capaci di costruire un presepe sempre più simile alla casa di Betlemme e di Nazareth, cioè una Chiesa più unita, segnata dal vincolo della concordia e della partecipazione, impronta di un cammino ecclesiale e sinodale colto nel suo significato più completo. Il nostro presepe sia una chiesa-casa, una famiglia in cui ciascuno si sente accolto, desiderato, valorizzato per quello che è e che ha.
A tal proposito, auspico che il Giubileo che ci apprestiamo a celebrare non sia un semplice evento da compiere per dovere o da subire passivamente, ma un vero anno di Grazia da vivere e sperimentare personalmente. Un tempo speciale in cui, come ci ha ricordato Papa Francesco nella bolla di indizione Spes non confundit, cioè la Speranza non delude, possa riaccendersi la speranza della riconciliazione e della conversione del cuore, ma anche la speranza di edificare una storia fatta di solidarietà e giustizia.Auspico di cuore che questo tempo di Grazia mostri il volto di una Chiesa interessata a Gesù Cristo ed al Vangelo, che parla di questo alla città e di questo vive, che non rende i rapporti formali e non respinge nessuno. Penso ad una Chiesa più ricca di Gesù Cristo, di Amore, di misericordia, di accoglienza fraterna, una Chiesa che all’occorrenza sa dire parole franche e dure anzitutto a sé stessa, e poi anche agli altri, al potere economico, politico, culturale, massmediale. Penso ad una Chiesa capace di ascoltare, di accogliere le richieste dei poveri, di lasciarsi evangelizzare ogni giorno dal Signore proprio attraverso il loro grido e così, alla luce di un rinnovato incontro con Cristo, possa illuminare questo contesto storico nel quale guerre e conflitti sembrano prevalere ferendo in profondità la nostra vita.
Risveglia in noi, Signore, il desiderio di un Natale vero che non sia una festa “amabile”, ma “scandalosa” a causa dell’Amore incarnato che continua a bussare alla nostra porta, che continua a dirci che è con noi, per noi e, se osassimo di più, anche in noi! Magari questo non sarà il Natale più “bello”, ma sarà certamente quello più autentico!
Buon Natale a tutti!
+Francesco Massara,Arcivescovo