Speranza
Giovedì 21 novembre l’arcivescovo mons. Francesco Massara ha riunito per un ritiro congiunto i sacerdoti e i diaconi delle diocesi Camerino – San Severino Marche e Fabriano – Matelica presso la parrocchia della Sacra Famiglia a Castelraimondo.
E’ intervenuto don Alfredo Tedesco, giovane presbitero della Chiesa di Roma, da poco parroco di Santa Marcella e diret- tore dell’ufficio di pastorale giovanile del Vicariato, dove ha creato un centro di espe- rienza di vita comunitaria con un cammino annuale di quotidianità tra studio, lavoro e momenti di preghiera.
Il tema che gli era stato affidato riguar- dava la sfida dei giovani nella Chieda di oggi tra pastorale giovanile e vocazionale.
Don Alfredo ha voluto dare un ti- tolo a questa sfida, che rimanda alla speran- za. Questo titolo è una categoria in cui do- vremmo entrare dal momento che per noi non è solo una virtù teologale, ma è anche una categoria di fondo.
Perché l’ho voluto intitolare: “quale speranza per i giovani” – ha spiegato l’oratore – ?
Perché il rischio è quello di affrontare questo tema un po’ come un argomento a piacere. E quando si tira fuori la questione giovanile – non so se ve ne accorgete – al di là anche dei nostri tessuti ecclesiali anche in politica, come anche in altre situazioni non sappiamo di cosa parlare.
I giovani? perché questi giovani?
l perché lo rintracciamo in papa Francesco quando ci dice con grande schiettezza che i giovani non esistono.
Ma attenzione cosa vuol dire questo? Vuol dire che esiste quel giovane, quella persona. Non dobbiamo dimenticare – ha proseguito don Alfredo – l’approccio che ci aiuta nelle categorie che in una certa tipo- logia di questo discorso. Lo sguardo si posa sulla persona dell’individuo. Perché esiste il giovane, la persona con quel nome, col cognome, con quello che si porta dentro come il suo vissuto. Stando infatti alle cate-
gorie in realtà quando nella nella Scrittura, per esempio, si usa la parola giovane, in realtà si usa una parola dell’antico Testamento molto ambigua “Har” che vorrebbe dire letteralmente inesperto.
Nella Bibbia, pensiamo alla vocazione di Geremia, il quale obietta alla chiamata divina di essere poco persuasivo a causa della giovane sua età: “Ecco io non so parlare, perché sono giovane” (Ger 1,16).
Cioè passiamo dalla Bibbia che mette una categoria amplissima e molto indefi- nita a noi che conosciamo parole per tirar fuori un problema.
Riguardo alla vera questione dei giova- ni, don Alfredo lancia una provocazione: perché non capovolgerla? Spesso riguarda il mondo adulto e quindi, diciamocelo, a noi presbiteri. Di conseguenza riguarderebbe anche la questione della fase adulta del mi- nistero, quindi eventualmente il sacerdozio. Anche gli adulti scelti sarebbero quegli ado- lescenti mai diventati adulti. Quegli adulti
Don Alfredo Tedesco
che sarebbero biologicamente nell’età della “adultità” però non arrivano mai veramen- te a compiere questo percorso.
La provocazione può diventare anche un motivo di meditazione, di riflessione per noi e per la nostra pastorale e il nostro ministero.
Come possiamo concretamente essere preti per questi giovani di oggi, alla vigilia del Giubileo?
Attenzione il contesto è molto cambia- to. Da una parte la giovinezza è quella di sempre, anche se ci siamo detti che è cambiata nel tempo. Dall’altra le sfide che oggi ci vengono presentate proprio in merito all’evangelizzazione, sono dirette anzitutto proprio all’umanità.
C’è una realtà quotidiana con la quale dobbiamo fare i conti. Siamo entrati nell’epoca del digitale e vi abbiamo appro- dato come immigrati. Ora ci domandiamo cosa è successo nel percorso migratorio?
Chiaramente il digitale non è l’unica causa, ma questo ce lo diciamo con serenità, ma sicuramente non possiamo prescindere da questa dimensione, cioè qualcosa è cambiato anche a causa dell’impatto del digi- tale. Il digitale ha modificato, ce lo dicono le neuroscienze, le varie realtà, addirittura la corteccia cerebrale. Dire quindi: “Sono nativo” o “Sono immigrato digitale” cam- bia tutto. La nostra realtà è legata all’anno di nascita perché se dobbiamo parlare di evangelizzazione dobbiamo capire chi sono i soggetti, chi sono anche i destinatari di questo annuncio.
Ecco perché sentiamo parlare di gene- razione, ad esempio, X (per i nati 1965 – 1979) o Y o Millennials (1980 – 1996), Z o Centennials (1997 – 2012), o Alpha (2013 – 2025).
Quindi occorre domandarsi chi siamo noi in relazione al nostro contesto e qual è il contesto invece che ci viene presentato in loro. Come vi dicevo – insiste don Alfredo – va specificato bene perché altrimenti rischiamo di fare degli errori molto grossolani.
Su questo punto è bene ricordare come papa Francesco, in occasione dello scambio di auguri per il Natale 2019, quando nessuno poteva immaginare l’arrivo del Covid 19 e il conseguente grande lockdown (isolamento) che è stata una frattura ulteriore nel passaggio di cui noi, se vi siete accorti, non parliamo più. Facciamo quello che la nostra mente fa per difendersi: dimenticare. Solo che l’abbiamo fatto collettivamente, cioè abbiamo rimosso questo evento, ma quell’evento è lì; interpella le nostre coscienze.
Papa Francesco ad un certo punto disse ai preti, ai cardinali e ai vescovi, più in ge- nerale alla Chiesa,: “Ci rendiamo conto che non siamo semplicemente in un’epoca di cambiamenti, – ma attenzione al gioco delle parole – ma in un cambio di epoca.
E questa è l’epoca dei cambiamenti. Cioè noi abbiamo di fronte un paradigma di fondo che è quello di sempre, quello della Chiesa regime di cristianità. Noi potremmo fare degli aggiustamenti, potremmo fare un “make up” (truccatura del viso) pastorale, potremmo dire sì, ma si aggiusta.
Viviamo in un crocevia di generazioni, quindi attaccatissimi alla realtà di formazione di vissuto di molti di noi che per certi versi è stato l’ultimo baluardo di quella fase anche formativa e proprio epocale rispet- to ai ragazzi giovani. Finora Abramo, per esempio, e i nostri nonni si potevano quasi capire cioè, chiaramente al di là dell’aspetto linguistico, parlavano e usavano lo stesso sistema di codici comunicativi. Questo aspetto li rendeva molto vicini.
Il cambio d’epoca è una frattura epistemologica seria e profonda. Le forme con cui anche noi abbiamo evangelizza- to è stato sempre lo stesso ed era normale farlo. Ma attenzione! La vita dei nostri, in questo caso, dei nostri giovani, dei nostri adolescenti ha bisogno di un nuovo criterio pastorale, mentale oppure rischiamo di non capirci. Don Alfredo ha citato l’esempio della sua nipotina che appartiene alla gene- razione Alpha o Screenagers (2013 -2025) la quale difronte all’immagine dipinta su tela del santo patrono (ad esempio) non ra- gionava come tutti noi ma pensava di trovarsi di fronte all’immagine sul telefonino, in cui hai la possibilità di allargarla o restringerla semplicemente con il movimento delle dita. Tentava di farlo e si arrabbiava perché era ogni manovra era inutile.
Sotto i nostri occhi sta avvenendo un cambiamento d’epoca.
E’ seguito un ampio colloquio con d. Alfredo, riconoscendo come il momento che stiamo vivendo anche con il sinodo sulla sinodalità è quanto mai at- tuale e quello comunicativo verso i giovani è stato uno degli argomenti più discussi, come lo era stato nel sinodo precedente sui giovani.
Vincenzo Finocchio